La programmazione chirurgica: tecniche accrescitive e tecniche rigenerative (GBR)

Posted by Apentl K.
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Dec 23, 2016
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Gli chirurgici vanno differenziati tra interventi con tecniche accrescitive, come per esempio l’innesto apposizionale onlay di osso omologo finalizzato ad aumentare lo spessore osseo in zona pre-maxille, utilizzati preferenzialmente in presenza di atrofie crestali stabilizzate, e interventi con tecniche rigenerative (GBR).Questi ultimi si avvalgono dell’utilizzo di membrane, che possono essere riassorbibili e non riassorbibili.
Lo scopo delle membrane è quello di mantenere protetto lo spazio sottostante dalla penetrazione dei tessuti epiteliali (azione space marker), che colonizzerebbero il coagulo determinandone una guarigione in senso fibroso anziché osseo.
In caso di deiscenza ossea vestibolare di 6 mm, i picchi ossei mesiale e distale favoriscono la rigenerazione dell’area interessata. Si utilizza una membrana in titanio Geass occlusiva (senza fori) che, impedendo la penetrazione dei tessuti molli, favorisce la rigenerazione dell’osso sottostante.

Le tecniche rigenerative (GBR) sono spesso utilizzate in presenza di deiscenze ossee parziali e sono talvolta associate a impianti post-estrattivi immediati. In presenza di riabilitazioni globali e complesse, le tecniche chirurgiche accrescitive e rigenerative possono essere abbinate.
Nelle deiscenze ossee, affinchè si possa rigenerare l’osso, è necessario l’innesto di materiali per riempire i gap che si sono creati. La funzione di questi materiali innestati è quella di riempire in modo compatto i deficit e, soprattutto, quella di promuovere la crescita di nuovo osso (osteoneogenesi).

È possibile distinguere tre specifiche funzioni di questi sostituti dell’osso: un’attività osteoconduttiva (il materiale guida la rigenerazione dell’osso), un’attività osteoinduttiva (il materiale promuove una crescita ossea maggiore rispetto a un sito dove questo non viene inserito) e un’attività osteogenica (stimola la rigenerazione dell’osso ed è una caratteristica che possiede soltanto l’osso autologo).

Fondamentalmente i sostituti ossei sono rappresentati da osso autologo, da osso omologo, da osso eterologo e da biomateriali.

L’osso autologo. È il gold standard. Può essere prelevato da siti intraorali (ramo mandibolare, tuber maxille, sinfisi mentoniera) o da siti extra-orali, che però a noi poco interessano in quanto necessitano di ospedalizzazione e sono fortemente invalidanti. 
Una tecnica semplice di prelievo consiste nell’utilizzare delle frese per impianti conici a 3-5 lame verticali che, utilizzate a bassi giri (250-300 min.) e con irrigazione esterna, permettono il recupero di notevoli quantità di osso dalla fresatura. L’osso di fresatura viene raccolto in un dappen sterile e verrà poi utilizzato per rigenerare gli spazi vuoti al di sotto della membrana. L’osso autologo è il miglior materiale di riempimento in quanto essendo biologicamente attivo stimola l’osteoneogenesi (Strumenti dentista).

Si possono scegliere siti di prelievo come la zona retromolare (basta una piccola incisione paracrestale), oppure si può programmare l’esecuzione di più impianti nella stessa seduta chirurgica sfruttando così l’osso recuperato dai vari siti preparati.

Osso omologo. Proviene da individui della stessa specie (sempre da donatore). Se sottoposto a trattamenti di deproteinazione, sterilizzazione e liofilizzazione, si comporta come un riempitivo inerte; se invece è criocongelato (in apposita banca tissutale), conserva un’attività biologica che lo rende potenzialmente molto osteogenetico.

Osso eterologo. Possiede attività osteoconduttiva e osteoinduttiva. Proviene da diversi tipi di animali, come suini, equini o bovini. Per i trattamenti fisici di conservazione a cui viene sottoposto viene sfruttata la sua matrice inorganica di idrossiapatite, che funge da supporto per l’osso neoformato.

Biomateriali. Sono osteoconduttori. Fungono da substrato per la successiva rigenerazione ossea e possono essere bioinerti (non hanno scambi ionici con l’osso circostante) o bioattivi (esiste uno scambio ionico con l’osso circostante). Tra questi citiamo il solfato di calcio, il fosfato tricalcico e i biovetri. Un’altra caratteristica importante dei biomateriali è la loro riassorbibilità. Taluni sono poco riassorbibili (per es. la idrossiapatite), altri invece si riassorbono molto lentamente (è il caso del biovetro), mentre l’acido polilattico e il solfato di calcio si riassorbono molto velocemente (Lampada scialitica).
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